Intorno alla metà degli anni ‘90 due studiosi giapponesi, Ikujiro Nonaka e Hirotaka Takeuchi hanno analizzato una serie di aziende, e hanno messo a punto un modello in cui si distingue conoscenza tacita ed esplicita. Questa distinzione è vecchia, deriva dalla filosofia del passato, solo viene riproposta in maniera comprensibile per le aziende.
La conoscenza tacita è esperienzale (corporea, personale), simultanea ("qui e adesso") e analogica (pratica), mentre la conoscenza esplicita è razionale (mentale), sequenziale ("là e allora") e digitale (teorica). Il passaggio di conoscenza da un tipo all’altro prende il nome di conversione. Ogni conversione crea nuova conoscenza.

Si tratta dunque di due modelli di conoscenza distinti ma indispensabili l’uno per l’altro.
La conoscenza esplicita:
1. Può essere descritta con un linguaggio, quindi è legata ad una rappresentazione
2. Può essere definita come digitale e discreta: il discreto non riesce a rappresentare il continuo, possiamo avere approssimazioni, ma non può esplicitare (concetto di approssimazione)
3. È legata alla razionalità
4. Ha molto a che fare con l’informazione
La conoscenza tacita:
1. Rappresenta tutto quello che non può essere descritto (ad esempio cercare di spiegare come si usa una bicicletta); non è una questione di quantità o risorse
2. Può essere definita come analogica e continua
3. È legata all’esperienza
4. È legata al concetto puro di conoscenza
In mezzo c’è quello che è ancora implicito, o non ancora esplicitato: ciò che potrebbe essere descritto, ma nessuno l’ha ancora fatto.La conoscenza esplicita, nel momento in cui esce dalla testa di chi la possiede, diventa informazione; ridiventa conoscenza nel momento in cui la si reinserisce nel proprio contesto interpretativo.